L’inclusione sociale
L’inclusione sociale è un aspetto fondamentale della società, che dovrebbe essere maggiormente incoraggiato e promosso, soprattutto al fine di creare legami con gruppi target svantaggiati e sottovalutati come, in questo caso, gli anziani affetti da demenza e altre malattie degenerative del cervello.
Nel Rapporto 2016 dell’OMS e dell’ADI (Alzheimer’s Disease International), la demenza, nelle sue molteplici forme, è stata descritta come “una priorità di salute pubblica globale”.
I numeri della demenza senile
Le più recenti stime internazionali indicano che ci sono circa 35,6 milioni di persone nel mondo che soffrono di demenza, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso diagnosticato ogni 4 secondi. Entro il 2020 il numero globale salirà a 52 milioni. Si prevede che il numero di persone con malattia di Alzheimer triplicherà nei prossimi 40 anni.
C’è una chiara necessità di utilizzare pratiche innovative per aumentare ed espandere la formazione dei professionisti che già lavorano con i malati di Alzheimer. Questo è fatto al meglio attraverso la creazione di una rete e un team di esperti con competenze provenienti da diversi settori. A livello internazionale, l’attenzione alla demenza è evidenziata dal crescente coinvolgimento di organismi internazionali come l’OMS, l’OCSE e l’UE.
Le sfide globali della demenza
Durante la 9a sessione della Conferenza degli Stati membri sulla “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità”, nel giugno 2016, l’ONU ha dedicato per la prima volta uno spazio a questo tema, ribadendo quanto sia cruciale riconoscere e rispettare i diritti di tutte le persone con disabilità mentali e / o intellettive.
A partire dalle attività sviluppate in ambito internazionale ed europeo tra il 2008 e il 2013, negli ultimi anni sono state realizzate nuove iniziative.
Nel marzo 2015, l’OMS ha ospitato la prima “Conferenza ministeriale sull’azione globale contro la demenza”, che ha riunito a Ginevra esperti da tutto il mondo per discutere le sfide globali poste dal problema della demenza. Tra le principali attività emerse c’è il “Piano d’azione globale sulla risposta della sanità pubblica alla demenza 2017-2025”, adottato dagli Stati membri dell’OMS alla 70a Assemblea Mondiale della Sanità nel 2017.
Il Piano d’azione globale ed il digitale
L’obiettivo principale del Piano d’azione globale è migliorare la qualità della vita delle persone affette da demenza, delle loro famiglie e dei caregiver. Ciò include il rispetto della loro dignità e la riduzione dell’impatto negativo sulle comunità e sugli stati attraverso una serie di azioni, tra cui aumentare la consapevolezza e dare priorità al problema della demenza, sostenere le famiglie e gli operatori sanitari, rafforzare i sistemi di informazione per la demenza e promuovere la ricerca e l’innovazione.
In questo scenario, l’innovazione digitale può svolgere un ruolo importante. Nell’era della trasformazione digitale è fondamentale sperimentare i nuovi strumenti disponibili per offrire una formazione avanzata e innovativa caratterizzata dall’utilizzo di metodologie ancora poco diffuse in questo campo e per conoscere nuove risorse che potrebbero aiutare a rallentare la progressione della malattia. Inoltre, la digitalizzazione potrebbe diventare la chiave per interpretare l’Alzheimer nella società contemporanea.
Una comunicazione limitata
Studi e rapporti hanno evidenziato criticità, esperienza e gestione della malattia correlate. È emersa una comunicazione limitata tra i diversi livelli e servizi coinvolti nella gestione dei malati di Alzheimer e complessità nell’attivare flussi di comunicazione efficaci e standardizzati tra i professionisti del settore. C’è una mancanza di omogeneità / eterogeneità nei servizi offerti, nella loro organizzazione e distribuzione sul territorio e nelle persone responsabili di rispondere ai bisogni legati alla malattia.
La società civile deve cambiare
Nella nostra società troppo spesso non viene prestata sufficiente attenzione alle famiglie affette da Alzheimer che si trovano in una situazione di solitudine e isolamento. È molto importante capire che la società ha bisogno di cambiare per aiutare questo fragile gruppo e permettere loro di vivere in comunità accoglienti dove sono inclusi e rispettati. I cittadini, le organizzazioni e le imprese dovrebbero collaborare per rimuovere le barriere che impediscono a queste persone di partecipare alla vita della comunità.
Favorire l’accessibilità eliminare le barriere
Per fare ciò, è necessario considerare quattro aspetti che identificano una società, ma anche fattori chiave per capire dove si incontrano le barriere all’accessibilità:
- persone: la consapevolezza e l’accettazione delle persone con demenza e dei loro accompagnatori;
- luoghi: devono essere adatti ad essere vissuti anche da persone con demenza;
- reti: è necessario collegare diverse attività condividendo informazioni e sviluppando un approccio strategico. Se si vuole intraprendere un’azione coordinata su un’area geografica, è essenziale coinvolgere un’ampia rete di organizzazioni, aziende, gruppi e individui, compresi quelli con esperienza di demenza;
- risorse: il finanziamento è fondamentale se si vogliono portare avanti iniziative continue, adeguate e organizzate da personale specializzato e competente.
Il ruolo della tecnologia digitale
Inoltre, va considerato il ruolo svolto dalla tecnologia digitale, un altro strumento per abbattere le barriere culturali, fisiche e intellettuali. Negli ultimi anni si è rivelato di fondamentale importanza come strumento ludico, ma anche terapeutico. Oggi i sistemi virtuali stanno mostrando il loro pieno potenziale per migliorare la qualità della vita dei malati di Alzheimer e per fornire strumenti per una diagnosi ancora più precoce.
Tra gli esperimenti c’è il progetto inglese “The Wayback (link is external)”. Il progetto prevede l’immersione in film in 3D, che consente al partecipante di rivivere eventi di cronaca accaduti durante la loro vita. Un altro è il progetto italiano “Cave” (link is external) che mira a identificare i segni di una riduzione di alcune capacità cognitive. Quindi le tecnologie digitali potrebbero rappresentare un nuovo modo per includere i pazienti e rallentare la progressione della malattia.
Ed in ambito artistico culturale?
In ambito artistico-culturale, da alcuni anni si promuovono attività per i malati di Alzheimer e per i loro caregiver. L’arte e la cultura possono fungere da terapia non farmacologica per promuovere l’inclusione sociale e il benessere. Non a caso, dal 2018 in Canada la “museoterapia” è stata ufficialmente riconosciuta e può essere prescritta proprio come un farmaco. Inoltre, a novembre 2019 è stato avviato in Italia il progetto Cur’Arti con l’obiettivo di creare una rete tra istituti sanitari e luoghi di cultura.
Il triangolo innovativo
In questo scenario, la creazione di un triangolo innovativo di competenze digitali, socio-sanitarie e artistico-culturali e lo scambio di know-how sembra essere particolarmente rilevante e promettente per il raggiungimento di risultati inaspettati.
Questi professionisti e le loro conoscenze sono la base fondamentale per creare un network e team multidisciplinari di professionisti di diversi settori. I quali migliorando le proprie competenze specifiche e acquisendone di nuove, possono muovere oggi i primi passi verso la creazione di una metodologia innovativa.
Quest’ultimo potrebbe servire come punto di partenza per creare una metodologia che sia amichevole, accessibile e perfettamente adattata agli sviluppi dell’era digitale.
Fonte: diariodellaformazione.it/editoriali/la-digital-art-contribuisce-allinclusione-sociale-degli-anziani/